STUDIO NAPOLETANO PSICOLOGIA COGNITIVA

SNPC è uno studio di psicologia
e psicoterapia nel centro di Napoli

Cos’è la Psicologia Cognitiva

Il nostro approccio:
tra emozioni, pensieri e comportamenti.

La Psicoterapia ad orientamento Cognitivo, attualmente, è considerata nel mondo uno dei modelli più efficaci per il trattamento dei disturbi psicopatologici. Questo approccio si riferisce a protocolli evidence-based, cioè basati su ricerche scientifiche volte a verificarne o meno l'efficacia

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Articoli

02 aprile 2024

Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo : "DIAMO I NUMERI" (e un...

 Inizio '900: l'autismo "non esiste", o "meglio" (si fa per dire) era considerato come un sintomo di una particolare fase della psicosi schizofrenica. Il contesto storico e culturale è quello delle prime grandi tradizioni psichiatriche e psicoanalitiche.  Anni '40 del secolo scorso: Kanner, psichiatra austriaco, naturalizzato statunitense, descrive per la prima volta, su base osservazionale, l'autismo infantile. È una svolta storica e culturale. L'autismo non viene più concepito come un "sintomo" all'interno di un quadro clinico psicotico, ma viene concepito come una condizione a sé stante, connotata da caratteristiche specifiche: ripetitività e ossessività, tendenza all'isolamento; isolate e peculiari capacità. Sicuramente a leggerlo oggi è un lessico superato e offre una visione parziale e limitata ma all'epoca fu un bel salto culturale!  Più o meno nello stesso periodo, ma in un'altra parte del mondo (e questo ha fatto un'enorme differenza), Hans Asperger, pediatra austriaco,  osservò alcuni bambini il cui comportamento ricordava quello descritto dalle osservazioni di Kanner, presentando però caratteristiche "più sfumate": propensione alla socialità ma con una certa immaturità e ingenuità, con inevitabile goffaggine  sociale; amore per la routine; spesso spiccata intelligenza; linguaggio e modi pedanti; difficoltà nella reciprocità e nell'empatia. Nasce così la "sindrome di Asperger", una forma di autismo più sfumata. Il lessico è sempre quello che è ma siamo sempre negli anni '40 del '900... Asperger e Kanner, inconsapevoli l'uno del lavoro dell'altri, separati dell'oceano, da migliaia di chilometri e da contesti assolutamente imparagonabili tra loro (in Europa imperversava la guerra, e l'Austria era nel cuore dell'impero nazista) riuscirono a diffondere le loro osservazioni e teorie in modo completamente diverso. Le teorie di Kanner si diffusero in modo molto rapido, andando a connotare profondamente l'idea di autismo, sul piano delle caratteristiche cliniche e dei criteri diagnostici. Le teorie di Asperger, dato il contesto e il momento in cui si trovò ad operare, rimasero invece alquanto sconosciute... Nonostante recentemente Asperger si sia trovato travolto in un tardivo ricorso storico di revisionismo critico post mortem e, accusato di collaborazionismo nazista, il pediatra austriaco ha dato un grande contributo a ciò che ancora oggi sappiamo dell'autismo e, soprattutto, della sua grandissima eterogeneità e di quanto le sue caratteristiche connotino profondamente e in modo unico la persona.  "Se conosci una persona autistica, conosci solo una persona autistica". Questa frase, che alcune fonti gli attribuiscono, rende bene l'idea di quanto avesse inteso e dell'invito a non appiattire e generalizzare, quando si tratta di persone. Non male data l'epoca. Eppure, nessuno mise in relazione il comportamento osservato da Kanner con quanto osservato da Asperger. Dovette trascorrere molto tempo e dovettero avvicendarsi alcune generazioni di studiosi e studiose... Mentre il tempo passava però, le cose non erano ferme. E quando mai lo sono...per fortuna! La scienza progrediva, e alcune idee sulle cause dell'autismo e sulle caratteristiche autistiche vennero, gradualmente e finalmente superate: così fu per la teoria della "madre frigorifero" e per le teorie patogenetiche sul legame tra autismo e psicosi. Lentamente e poi sempre più velocemente invece, si facevano strada le conoscenze sui fondamenti genetici dell'autismo. Eravamo lontani dai 900 geni candidati oggi sotto i nostri riflettori, ma eravamo già su una strada più radicata in quelle che sarebbero diventate le evidenze neuroscientifiche del neurosviluppo....Ok, ok....e nel frattempo Kanner e Asperger si erano "incontrati"? (Metaforicamente parlando si intende....) Anni '80-90: ci siamo!!!!Uta Frith, Lorna Wing, e poi Gillberg (e altri ancora....) "scoprono", contestualmente al loro lavoro clinico di osservazione e terapia, ragazzi e adulti con caratteristiche simili a quelle descritte da Asperger negli anni '40, e BOOM!!!! Ecco che la sindrome di Asperger entra in scena. E, nel 1994, entra nel DSM (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali) all'interno dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Il ritardo clamoroso però ha lasciato dei segni.... L'eterogeneità dell'autismo e una conoscenza fondata sui criteri clinici e diagnostici di Kanner, fecero sì che molto, moltissimi autistici, con condizioni "sfumate" non venissero intercettate. Intere "lost generation". E sappiamo quanto la mancanza di consapevolezza possa fare danni e incida negativamente sulla salute mentale... Oggi siamo "più bravi" a cogliere l'estrema eterogeneità dell'autismo, ma dobbiamo ancora e ancora e ancora affinare i nostri strumenti e limare e superare i nostri pregiudizi... Eh ma non è mica finita qui!!!! 2013: Ci sono troppe "etichette" per definire i "sotto-tipi" di autismo! Così non funziona! Nel tentativo di preservare la tenuta e l'accuratezza delle diagnosi nell'arco di vita e di superare il limite della diagnosi categoriale, vengono ridefiniti i criteri diagnostici e di definizione. Nessuna sottocategoria, un unico Spettro Autistico, all'interno del quale usare gli specificatori per individualizzare la diagnosi, al fine di superare il limite dell'etichetta e cogliere quanti più aspetti della specifica persona e della sua condizione. Un unico termine: "Disturbo dello Spettro Autistico ". 2022: la revisione del DSM (5 -.TR), mantiene il cambiamento instaurato nel 2013. E la sindrome di Asperger? Non ha fatto in tempo a entrare dalla porta che è uscita dalla finestra? No. È stata ridefinita, all'interno dell'unico costrutto di "Disturbo dello Spettro Autistico", come: "Autismo di livello 1 senza compromissione del linguaggio e dell'intelligenza associata". La comunità scientifica e le stesse persone autistiche non sono concordi sul beneficio di questo cambiamento, tutt'ora discusso e in corso di costante revisione critica. Dal 2010, più o meno...il Neurodiversity Movement, mosso dalle idee di Judy Singer e sulla scia del cambiamento scientifico e culturale maturato all'interno dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sostiene una revisione del linguaggio scientifico a favore di un lessico aggiornato e meno medicalizzato e supporta il coinvolgimento attivo degli autistici nelle politiche e negli interventi a loro dedicati. Questi processi, che mettono al primo posto, al centro, la persona (“Identity first”) e non la sua “diagnosi”, hanno avuto e hanno un ruolo importantissimo nella revisione critica del lessico e nell’ampliamento della visione che abbiamo dell’autismo. Ad oggi, anche grazie all’influsso delle evidenze neuroscientifiche, l’autismo è definibile come una neurodiversità, un processo di neurosviluppo, divergente rispetto alla norma cosiddetta “tipica”, ma non necessariamente o primariamente concepibile come un insieme di caratteristiche o di processi di per sé “clinici” o “patologici”. Uno “spettro” o meglio un insieme non lineare di caratteristiche differenti nell’ambito dei processi di elaborazione delle informazioni, che vanno a connotare in modo specifico lo stile socio-relazionale, emotivo, esecutivo e sensoriale della persona. Diamo qualche altro numero? Recenti stime del CDC, orientano per una prevalenza di 1:54 autistici tra i bambini di 8 anni di età. Se consideriamo le cosiddette forme sfumate (autismo di livello 1; sindrome di Asperger) i numeri cambiano, suggerendo incidenza e prevalenza più rilevanti. Ma ora viene il bello (?!)… Il rapporto maschi – femmine rispetto all’incidenza dell’autismo è sempre stato sbilanciato a favore dei maschi. Attualmente, alcune stime suggeriscono un rapporto di 3:1 (Loomes et al., 2017). Questo dato mostra una tendenza al cambiamento negli ultimi anni, da quando cioè siamo diventati “più bravi” a individuare l’autismo di livello 1 nelle donne, dato che esso si manifesta in modo molto più sottili, diversi, rispetto ai maschi. Al di là di caratteristiche di tipo biologico, che rappresentano acclarati fattori di maggiore vulnerabilità per l’autismo nei maschi, c’è, di nuovo, una generazione perduta di donne autistiche, sfuggite a “radar” non ancora adeguatamente sensibili, e colpite da tutti gli effetti negativi secondari a un mancato riconoscimento di caratteristiche ed esigenze specifiche… Oggi la divulgazione di notizie e informazioni sull’autismo è molto più accessibile, grazie anche al coinvolgimento attivo non solo dei clinici e di tutti gli specialisti che lavorano nel campo, ma delle stesse persone autistiche e delle loro famiglie (spesso unite in organismi associativi) impegnate in un corretto fine divulgativo di informazioni e processi adeguati di supporto alla consapevolezza. Le evidenze scientifiche ci aiutano a muoverci con cura e rispetto all’interno di un processo molto complesso, quale è quello del neurosviluppo e della neurodivergenza, individuandone gli aspetti clinici quanto quelli relativi a uno sviluppo fisiologicamente neurodivergente, che naturalmente merita tutto il supporto possibile per evitare frizioni infruttuose con un mondo ancora troppo, troppo, troppo, neurotipicamente normato.  L’idea “vincente” è provare a supportare tutte le persone alla maggiore consapevolezza possibile di sé stessi, per essere attivamente i padroni della loro vita e del loro mondo. Naturalmente non solo il 2 Aprile, ma tutti i giorni, di tutti gli anni, di tutta la vita! Dott.ssa Maria Marino, Studio Napoletano Psicologia Cognitiva - Napoli 

03 ottobre 2023

Ma perché, oggi, tutti vanno dallo psicologo? - Dott.ssa Anna Sicolo,...

Spesso viene posta in maniera più o meno provocatoria questa riflessione, in diverse formule e declinazioni. La tendenza attuale punta a far emergere la condizione di disagio e a sottolineare l’importanza di “occuparsi” del proprio benessere mentale.  La sofferenza emotiva reattiva ad un evento critico o l’inquietudine sopita che accompagna l’individuo, non è una condizione a cui le persone devono abituarsi. Fondamentale prendere atto che il proprio stato di salute psichica influenza fortemente le dimensioni di vita di ciascuno, la famiglia, le relazioni amicali e sociali, il contesto di studio o di lavoro. Una serie di stereotipi legati al contesto di ascolto psicologico, sono ad oggi, (ancora di più con le nuove generazioni) desueti. Questo però, in una dimensione provocatoria, può generare un equivoco di fondo e una lettura superficiale di questa sana tendenza. Quante volte sentiamo dire “Prima non si facevano tragedie, le difficoltà si affrontavano”? In realtà, nel nostro lavoro, la liason tra sofferenza attuale di un individuo e i traumi relazionali avvenuti nel passato è più che evidente, e la ricerca sui traumi transgenerazionali conferma quanto le dinamiche psicologiche delle generazioni precedenti abbiano un forte incidenza sulla condizione di salute delle generazioni future. Il trauma transgenerazionale è il trasferimento della condizione traumatica alle generazioni successive (figli e nipoti), che declineranno questa sofferenza in diverse forme di disagio, a partire dalla propria peculiare narrazione e costituzione personale. Senza scomodare l’epigenetica, i corposi studi di correlazione con il PTDS ed il concetto di influenza ambientale nell’espressione genetica, possiamo fare un volo pindarico e riflettere su quanto il post-bellico, oppure lo scenario devastante successivo alla bomba atomica in Giappone abbia influenzato le opere di animazione di produzione giapponese (anime), poi proposte al mondo infantile come cartoni animati di particolare successo. Temi quali guerre, scenari apocalittici, scontri epocali, oppure la ricerca disperata dei propri cari, il lutto, il sopruso, l’abbandono e l’orfanilità hanno costituito la trama delle storie e la costruzione di diversi personaggi (Goldrake, Mazinga, Candy Candy, Conan etc). Questi traumi erano probabilmente stati vissuti dagli autori che hanno trasferito quella dimensione nella creazione artistica. Ma perché, quindi, oggi tutti vanno dallo psicologo? Oggi si affronta questo tempo e la sua pressione, sfide come la proiezione di sé in più mondi o l’esposizione coatta della propria immagine e della narrazione di sé, rivoluzione digitale in cui siamo stati proiettati senza guida…ma non solo: è bizzarro pensare a quanto questa generazione abbia ancora da elaborare. Fino a qualche decennio fa erano legittimate condizioni di vita disfunzionali quali il matrimonio riparatore, il delitto d’onore, la negazione dell’identità di genere oppure alcune pratiche educative traumatiche. Questi traumi, come un’onda lunga, hanno provocato condizioni di malessere e profondo disagio, che ancora oggi si riverberano negli schemi patogeni relazionali e familiari. Possiamo oggi, finalmente, occuparci più liberamente del nostro benessere, riconoscendo questo cambiamento come passo decisivo verso la salute individuale e collettiva.  

05 giugno 2023

Benessere mentale: Italia ultima in Europa!

Dott. Roberto Esposito, Studio Napoletano Psicologia Cognitiva   Da un’indagine sulla salute mentale e sul benessere psichico condotta su un campione di 30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi, risulta che l’Italia (al pari del Giappone) è la nazione con la più bassa percentuale di persone che avvertono uno stato di pieno benessere mentale. Le donne e i giovani sono i soggetti più a rischio. Vi è, però, una buona notizia. Emerge una controtendenza rispetto allo scorso anno: diminuisce il tabù sull'argomento e cresce la propensione a prendersi cura della propria salute mentale.   Per poter valutare lo stato di benessere mentale, Ipsos e il gruppo Axa che hanno condotto la ricerca, hanno elaborato il “Mind Health Index”, indice che mira a identificare potenziali situazioni critiche e problemi, al fine di fornire indicazioni sulle azioni possibili da mettere in atto cambiando abitudini e stili di vita per migliorare il proprio benessere. Quattro i profili di salute e benessere mentale definiti dalla ricerca: 1) coloro che mostrano pieno benessere sociale, emotivo e psicologico; 2) coloro che mostrano benessere solo in alcune aree; 3) coloro che non si sentono al pieno delle proprie capacità e manifestano assenza di un benessere positivo e 4) coloro che riportano la totale assenza di aree di benessere.   Come accennavamo all’inizio dell’articolo, l'Italia è il Paese la cui popolazione è più colpita: solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere, un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%).  Abbiamo le stesse percentuali del Giappone che, come noi, occupa l’ultima posizione in questa classifica. Più nello specifico osserviamo che lo stress è il disturbo mentale più diffuso a livello mondiale, in Italia è avvertito dal 56% del campione (in aumento dell’ 8% rispetto al 2022). Purtroppo siamo “primi” in Europa anche per quanto riguarda il “sentirsi soli” con il 48% della popolazione. Incidono sullo stato di salute mentale anche l'impatto negativo della guerra, avvertito in Italia dal 52% del campione e l'impatto degli effetti negativi del cambiamento climatico (43%, terzi in Europa). Le donne sonno quelle che ne soffrono di più. Il disagio mentale è inversamente proporzionale all'età e i giovani risultano i soggetti più a rischio. Pesano l’incertezza sul futuro, la solitudine e l’immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica del cambiamento climatico. L'indagine indaga anche il legame tra il benessere mentale generale e il benessere percepito sul luogo di lavoro. Solo il 15% del campione dichiara uno stato mentale altamente produttivo.   Come anticipavamo all’inizio dell’articolo vi è anche una buona notizia: a differenza dell’anno scorso  diminuisce lo stigma sull'argomento e cresce la propensione a prendersi cura della propria salute mentale. Oltre il 60% degli italiani si rivolge a medici e specialisti per la diagnosi delle malattie mentali, mentre l’anno scorso eravamo il primo paese europeo per numero di persone che avevano scelto la strada dell'autodiagnosi. In conclusione, seppur la strada per una efficace prevenzione e tutela del benessere mentale in Italia sia ancora lunga, la nota positiva è un aumento significativo nel prendersi cura di sé stessi e di rivolgersi a specialisti, diminuendo di molto l’autodiagnosi.

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Rassegna

16 aprile 2024

“Autismo e Psicoterapia in età adulta. Modelli e strategie di intervento...

“Autismo e Psicoterapia in età adulta. Modelli e strategie di intervento cooperativo e focalizzato sulla consapevolezza”, edizioni Franco Angeli   Autrice, Maria Marino Prefazione, Francesco Mancini   Un libro frutto del lavoro di anni e di diverse riflessioni sui cambiamenti nella concezione clinica dell’autismo, dei suoi sviluppi come costrutto sociale, del dialogo necessario tra aspetti clinici, socio-culturali ed esistenziali, e di come tutto questo riguardi la psicoterapia, e la necessità di strutturare modelli di intervento specificamente pensati e adattati alle caratteristiche neurodivergenti in termini di elaborazione e di integrazione delle informazioni. Il testo è un manuale teorico-pratico per il lavoro in psicoterapia cognitiva con persone adulte autistiche, maturato nel corso degli anni di lavoro come docente di psicoterapia e calibrato sulle esigente formative in relazione al lavoro psicoterapeutico in questo ambito. Il lavoro presenta una nuova prospettiva di intervento, adattata alle specifiche caratteristiche delle persone neurodivergenti, in relazione allo stile differente di elaborazione e integrazione delle informazioni. L’autismo è una condizione neurodivergente che si manifesta nel corso dell’infanzia, evolvendo in caratteristiche e processi che permangono per tutto l’arco di vita. Ancora oggi è poco consolidata la concezione di neurosviluppo come traiettoria, come un insieme di processi che restano influenti, andando a connotare in età adulta tanto l’espressività delle caratteristiche psicologiche quanto i quadri clinici, quando presenti. L’intento del presente lavoro è proprio quello di proporre un modello teorico-clinico che integri le caratteristiche neurodivergenti nella formulazione del caso, in una cornice cognitivista.   Il testo, aggiornato alle evidenze più recenti, è dedicato, in particolare, alla formulazione del caso per il lavoro in psicoterapia con persone nello spettro che, prima della revisione dei criteri categoriali e diagnostici avrebbero ricevuto una diagnosi di “sindrome di Asperger” (“Disturbo dello Spettro Autistico senza compromissione dell’intelligenza e del linguaggio associate”).   Pensato per gli psicoterapeuti, il testo presenta un nuovo modello integrato, basato su una concezione di neurodivergenza come insieme di differenze, più che di “deficit”, e adatto formulare un piano terapeutico fondato su questa concezione. Il libro si presta a un utilizzo guidato, e permette al terapeuta di costruire, insieme al paziente, un percorso di conoscenza e di gestione delle proprie caratteristiche neurodivergenti, per potersi orientare al meglio e nel rispetto di come si è fatti. Perché questo libro? L’autismo è un insieme di caratteristiche insite nell’individuo e che lo accompagna per tutta la vita. Uno psicoterapeuta che lavori con una persona neurodivergente deve essere in grado di formulare un intervento sartoriale, che si basi e si adatti alle caratteristiche espresse dalla neurodivergenza, che essa si accompagni, o meno, a comorbidità di rilievo clinico.

26 febbraio 2022

Sovrapposizione tra lo spettro autistico molto lieve, anoressia nervosa e...

Dott.ssa Maria Marino - Studio Napoletano Psicologia Cognitiva Call for paper!!! Guest Editors: Dott.ssa Maria Marino, Dott.ssa Maria Pia Riccio Submission deadline: Settembre 2022  Questo numero speciale di Children – MDPI, invita a proporre lavori sulle specifiche condizioni cliniche menzionate: Disturbo Ossessivo Compulsivo e Anoressia Nervosa, così come sulle loro relazioni, sul piano clinico e psicopatologico, ma anche in relazione alla condivisione di meccanismi neuopsicologici e di neurosviluppo.  Recenti ricerche nel campo del neurosviluppo hanno aumentato la nostra conoscenza dei fattori causali del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD). Questo progressivo aumento della nostra conoscenza riguarda anche i processi neuropsicologici, le caratteristiche emotive e comportamentali dell'ASD. Questi avanzamenti hanno avuto un impatto fondamentale per la clinica e la terapia di disturbi autistici, forse in particolare per quanto riguarda le forme estremamente lievi di neurodivergenza. In queste condizioni, infatti, conoscenze sempre più raffinate ci permettono di apprezzare non solo caratteristiche specifiche, anche molto lievi, ma anche aspetti di comorbidità e di sovrapposizione di elementi metacognitivi, cognitivi ed emotivo-comportamentali tra differenti, tra diversi condizioni cliniche e psicopatologiche. La conoscenza di tali processi è ancor più importante se si considera il loro intrecciarsi con le caratteristiche sottostanti del neurosviluppo. Sappiamo che tratti di rigidità cognitiva e metacognitiva sono condivisi tra ASD, anoressia nervosa (AN) e Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC). Questo numero speciale di Children – MDPI, invita a proporre lavori sulle specifiche condizioni cliniche menzionate: Disturbo Ossessivo Compulsivo e Anoressia Nervosa, così come sulle loro relazioni, sul piano clinico e psicopatologico, ma anche in relazione alla condivisione di meccanismi neuopsicologici e di neurosviluppo.

03 ottobre 2021

“Sindrome di Asperger: la lunga e tortuosa strada verso il senso di sé”

Autori: Dott.ssa Maria Marino, Studio Napoletano di Psicologia Cognitiva SNPC. Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC) di Napoli Dott.ssa Maria Pia Riccio, Dott.ssa Rosamaria Siracusano, Professoressa Carmela Bravaccio. Dipartimento Scienze Mediche Traslazionali, UOSD di NPI Infantile, AOU Federico II, Napoli. Nell’ultimo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5 - American Psychiatric Association – APA 2013), il termine "Spettro autistico" viene usato come continuum dimensionale, in cui le caratteristiche del disturbo sono linearmente distribuite. La sindrome di Asperger (AS) (DSM-IV-TR, APA 2000), alla luce di tale revisione, è stata eliminata come categoria diagnostica specifica. Così, oggi si preferisce parlare “solo” di “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD), identificando le forme lievi, piuttosto che come AS, attraverso l'utilizzo di specificatori: basso livello di gravità, presenza di dotazione intellettiva nella norma o superiore alla norma, e assenza di deficit di linguaggio. Di fatto, però, il termine “Asperger" viene tuttora utilizzato, tanto nella comunità scientifica e nella letteratura specialistica, che dalle stesse persone Asperger. Questo perché, certamente, si tratta di un termine molto radicato e noto, ma anche perché tale costrutto riesce indubbiamente a identificare una serie di caratteristiche psicologiche, identitarie e comunitarie, nonché a rappresentare una "cultura" di riferimento che, ad oggi, il termine "Spettro" non sembra essere in grado di esprimere e catturare. Nel lavoro di breve sintesi critica, si propone una riflessione sul valore del termine “Asperger” come costrutto in grado di rappresentare elementi psicologici e comportamentali complessi e riferibili a un assetto identitario; dunque anche una riflessione sulla potenziale “perdita” di potere nell’accuratezza e nella sensibilità delle attuali categorie diagnostiche di rispecchiare e individuare elementi caratteristici e pregnanti. Inoltre, spunti di riflessione vengono posti anche in relazione al potenziale impatto della mancanza di un termine che è tuttora rappresentativo di una particolare dimensione della neurodivergenza, nella quale si identificano e si sentono rispecchiate tantissime persone Asperger nel mondo e che assume quindi, anche una rilevanza culturale e in un certo qual modo “politica”.  Il lavoro è stato pubblicato sul numero di Luglio 2021 del Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva della SINPIA.

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